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Autore: Ufficio Parchi e Aree Protette Provincia di Savona

Raggiungibilità
L'inizio del sentiero si può raggiungere a piedi una volta lasciato il proprio mezzo a Calvisio o a Verzi (in entrambi i casi è necessario percorrere a piedi un tratto di strada asfaltata); è anche possibile percorrere in macchina la prima parte dell'itinerario, lasciando l'auto presso il bivio per il Monte Corno.

Descrizione percorso
Il sentiero segue la valle del rio Ponci da Verzi a Colla di Magnone, ricalcando in parte il tracciato dell'antica via romana Julia Augusta (13 a.C.); all'inizio del sentiero si trova una guglia rocciosa, il "menhir di Verzi". La prima parte dell'itinerario si svolge su una larga sterrata, panoramica sull'imponente Monte Corno, le cui pareti sono una delle mete più frequentate per l'arrampicata sportiva. In questo tratto si possono osservare, ai bordi della strada, essenze tipiche della macchia mediterranea, come il terebinto (Pistacia terebinthus), il lentisco (Pistacia lentiscus) ed il mirto (Myrtus communis). A pochi metri dal tracciato, gli arbusti sono già sostituiti da specie arboree della pineta e del bosco misto fino al fondovalle, che nel primo tratto si trova molto più in basso rispetto al sentiero, ma si innalza repentinamente presso il bivio che porta al Monte Corno. Questo salto morfologico è una caratteristica tipica delle valli sospese; la val Ponci è inoltre una valle fossile, nella quale rimangono visibili le tracce dell'antico passaggio dell'acqua. Lungo le pendici rocciose del Monte Corno, le specie arboree tipiche del bosco misto vengono sostituite dai pini, più adatti a colonizzare i terreni rocciosi e poveri di suolo: nella parte bassa si trovano soprattutto pini marittimi (Pinus pinaster), dai lunghi aghi rigidi, mentre nella parte superiore predominano i pini d'Aleppo (Pinus halepensis), dal colore più chiaro, con aghi e pigne nettamente più piccoli e portamento contorto. Ai bordi della sterrata, in primavera, si può anche notare la presenza della campanula di Savona (Campanula sabatia), specie endemica della Liguria occidentale e protetta da norme comunitarie e regionali, che cresce su terreni calcarei ed assolati. In breve si arriva al ponte delle Fate, il più grande e meglio conservato dei cinque ponti romani della valle: tra i conci del ponte si possono osservare piccole piantine della campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), specie di grande interesse poiché si tratta di un endemismo puntiforme, diffuso solo nel Finalese ed in nessuna altra parte del mondo, che cresce praticamente solo nelle fessure della "Pietra di Finale", con la quale sono stati costruiti i primi quattro ponti della valle. Poco prima del ponte, seminascosto tra la vegetazione, si trova il bivio che conduce alla grotta delle Fate. Si prosegue costeggiando il torrente parzialmente invaso dai rovi e, oltrepassata una casa isolata circondata da alberi ornamentali, si giunge ad un bivio e la sterrata diventa un sentiero.

Prendendo a sinistra, si costeggiano dei vigneti, impiantati su un suolo rossiccio, la così detta "terra rossa mediterranea". Da sinistra confluisce nella valle principale l'incisione della valle dei frassini, percorsa da un sentiero che porta al Ciappo del Sale, pavimento calcareo sul quale si trovano alcune incisioni rupestri. Un fitto bosco misto, dove è presente ma non dominante il frassino minore o orniello (Fraxinus ornus), rende questa valle buia ed umida: qui, con un po' di fortuna, si possono incontrare specie di rettili ed anfibi che amano questi ambienti, come la natrice (Natrix natrix).

Se allo stesso bivio si va invece a destra, si cammina per un tratto lungo il greto del rio Ponci entro una fitta boscaglia; si possono notare alcune pozze di acqua stagnante, dovute alla falda acquifera che localmente emerge. Queste pozze sono frequentate dai cinghiali per il quotidiano bagno di fango (insoglio).

I due percorsi alternativi possono essere effettuati uno all'andata ed uno al ritorno. In ogni caso, si incontrano nuovamente a poca distanza presso il secondo ponte romano, detto "ponte sordo", del quale rimane solo la rampa di accesso a monte. Presso il ponte si possono osservare alcuni esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un albero che necessita la presenza di abbondante acqua: si distingue per le foglie lucide e arrotondate, talvolta con apice rientrante; i frutti hanno l'aspetto di piccole pigne.

A poca distanza si incontra il terzo ponte ("ponte muto" o "ponte delle Voze"), che oltrepassa il rio delle Voze, presso un bivio: il percorso a destra sale verso l'altopiano delle Manie arrivando all'Arma delle Manie, mentre il sentiero natura prosegue a sinistra. Per un buon tratto il sentiero, che conserva in parte il fondo a grossi ciottoli accostati, attraversa un ambiente di bosco misto, tipicamente dominato da leccio, orniello, carpino nero e roverella. Il leccio (Quercus ilex) è una quercia sempreverde diffusa in ambiente mediterraneo, come albero nei boschi e come arbusto nella macchia mediterranea o negli ambienti rupestri; le sue foglie, di colore verde scuro nella pagina superiore e coperte da un tomento bianco in quella inferiore, sono adatte a sopportare la carenza idrica nelle calde estati secche. La roverella (Quercus pubescens) ha foglie a margine lobato, ghiande più allungate di quelle del leccio, con cupola più piccola. L'orniello ha foglie composte da 5-9 foglioline picciolate, vistose infiorescenze bianco-crema, e frutti secchi penduli di colore marrone. Il carpino nero (Ostrya carpinifolia) ha foglie appuntite, con margini dentati e fitte nervature; le infruttescenze hanno una caratteristica forma a cono pendulo. In inverno solo il leccio conserva le foglie, e le altre specie si possono distinguere dalla corteccia: molto chiara quella dell'orniello, molto scura e liscia quella del carpino, mentre quella della roverella è bruna-grigiastra e ruvida, simile a quella del leccio.

Sempre nel bosco, si arriva ad un punto in cui il fondo del sentiero è visibilmente scavato dall'acqua. Al termine di questo breve tratto si trova un bivio sulla destra che permette, con una breve deviazione, di visitare le Cave Romane di Pietra di Finale.

Ancora un breve tratto all'interno del bosco e poi la visuale si apre: in prossimità del quarto ponte romano ("ponte dell'acqua") si estendono infatti vasti prati. La presenza di alberi da frutto e ruderi di vecchie case testimonia di un passato utilizzo antropico di questa porzione di valle, motivato anche dalla presenza di una sorgente: è visibile l'opera di captazione realizzata alla base della casa in cemento (detta "Ca' du Puncin"). Questi ambienti prativi, costellati da pochi alberi ed arbusti sui quali si arrampicano il rovo e la vitalba, e circondati da boschi, costituiscono un ambiente di caccia ideale per alcune specie di rapaci che nidificano sulle pareti rocciose della vicina Rocca degli Uccelli, tra le quali il falco pellegrino (Falco peregrinus). Il sentiero si inoltra nuovamente nel bosco misto, mentre la pendenza, fino a questo momento in piano o in leggera salita, si accentua. Osservando il fondo del sentiero, cosparso da pietre spigolose disposte in modo disordinato, si possono notare due tipi di roccia: pietre grigie, lisce e compatte, e pietre più chiare, ruvide e formate da granellini di sabbia; le prime, dette "dolomie di San Pietro dei Monti", sono calcari dolomitici e formano un suolo basico, mentre le seconde, delle "quarziti di Ponte di Nava", danno origine ad un terreno acido. La differenza di chimismo del suolo si riflette sulle specie che compongono la vegetazione. Da questo punto in poi si cominciano infatti ad osservare con maggior frequenza alcune specie che prediligono gli ambienti acidi: l'erica (Erica arborea), il corbezzolo (Arbutus unedo) e il cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius). Si arriva quindi ad un bivio: deviando a sinistra è possibile visitare i resti del quinto ponte romano (ponte di Magnone), parzialmente franato, e reimmettersi sul sentiero principale poco più a monte; la vegetazione attorno al ponte è caratterizzata dalla presenza del castagno (Castanea sativa), anch'esso amante dei suoli acidi, e della felce aquilina (Pteridium aquilinum), specie infestante, soprattutto in aree disturbate da incendi grazie alla produzione di gemme a partire da un rizoma sotterraneo. In breve si giunge al termine dell'itinerario, presso la cappelletta di S. Giacomo alla Colla di Magnone.

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circa 2 ore

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