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Autore: Ufficio Parchi e Aree Protette Provincia di Savona

Raggiungibilità
L'inizio del sentiero si raggiunge in macchina da Finalpia; presso Ponte Cornei si può parcheggiare l'eventuale mezzo di trasporto.

Descrizione percorso
Il sentiero percorre l'intera valle del Rio Cornei dalla sua confluenza col torrente Sciusa fino ad Orco, passando per le località San Lorenzino e Chiesa, e ridiscende per la val Nava fino a Boragni.

I primi metri del sentiero costeggiano in piano la sponda destra idrografica del Torrente Sciusa, in un ambiente parzialmente degradato, con vegetazione infestante (rovi); una nota di interesse immediato sono però le dismesse cave di Pietra di Finale, le cave del Martinetto, il cui accesso è sommariamente sbarrato. Passando oltre una lastra rocciosa situata in corrispondenza della base della val Cornei, il sentiero si stringe e sale improvvisamente, ed il paesaggio cambia radicalmente. Ci si trova all'interno di una gola tra due pareti rocciose che da questo punto (circa 100 m di quota) si ergono fino a superare i 300 m: questo ambiente molto suggestivo si presenta buio, isolato dal rumore della vicina strada, e con un'elevata umidità atmosferica. E' il regno delle felci, dei muschi e delle epatiche (queste ultime, meno "famose", sono piante affini ai muschi con forma a lingue piatte e ramificate a ricoprire la roccia): lungo il sentiero, ma ancor meglio con una breve deviazione a sinistra direttamente sul letto del rio (facendo attenzione a non scivolare sulle rocce umide!), se ne possono osservare in grande quantità. E' stata anche rinvenuta una specie rara in Liguria, la pteride di Creta (Pteris cretica), una felce dall'aspetto elegante, con fronda suddivisa in lamine lunghe e sottili. Sono presenti specie arboree del bosco misto (carpini, ornielli, noccioli), ma è soprattutto notevole il numero degli esemplari di ontano nero (Alnus glutinosa), un'essenza arborea che tipicamente vegeta vicino ai corsi d'acqua, perché necessita di una buona quantità di acqua, oltre che di una buona qualità, motivo per il quale questi popolamenti ripari ad ontano nero sono tutelati da norme comunitarie: sono infatti poco diffusi e molto vulnerabili all'inquinamento.

Il rio Cornei, che un tempo scorreva in superficie, è stato deviato nel sottosuolo per effetto del carsismo, e quello che normalmente copre questo roccioso tratto di greto è infatti poco più di un velo d'acqua: ci si trova infatti su un substrato calcareo e carsificabile, la Pietra di Finale. Questa pregiata ed apprezzata pietra ornamentale, utilizzabile sia lucidata che grezza, è osservabile molto bene in questo punto lungo le lisce superfici delle cave. Sulle scarse fessure di queste pareti, ma anche nel letto del rio, si possono osservare piccole piantine di campanula a foglie uguali (Campanula isophylla), pregiato endemismo del Finalese, legato alla Pietra del Finale e frequente sulle rupi assolate: è quasi strano vederla qui, associata a felci, muschi ed epatiche.

Proseguendo, si incontra ancora un'altra cava, e si attraversa il rio. si percorre quindi un tratto in cui il fondovalle, a destra, è decisamente più in basso del sentiero, che deve essere affrontato con un po' di attenzione dal momento che al bordo presenta delle piccole frane verso valle. Superato questo punto, il resto del sentiero in val Cornei non presenta più alcuna difficoltà, allargandosi fino a diventare quasi una strada sterrata. La vegetazione si apre, alternando la boscaglia con il castagneto: il castagno (Castanea sativa) è però presente con individui di dimensioni relativamente piccole, non certo adatto alla produzione di buone castagne. Le essenze arboree, castagno compreso, sono piuttosto utilizzate come fonte di legname, come si può notare dai numerosi tronchi tagliati ed accatastati in alcuni punti della valle. L'ambiente del fondovalle, sebbene qui relativamente luminoso, è totalmente estraneo a quello delle vicine rupi e degli assolati altipiani che si estendono oltre queste: tra un castagno e l'altro si possono però scorgere in alto sulle rupi dei solchi molto marcati, detti "docce di erosione", una particolare forma carsica.

Sul sentiero, dal fondo terroso, è possibile osservare alcune pozze, spesso riempite di fango ma talora perfino asciutte, nelle quali vi sono in genere abbondanti impronte di cinghiale. Siamo ormai in vista della testata della valle e della chiesa di S. Lorenzino di Orco (XII secolo): la valle si illumina sempre di più e la boscaglia si arricchisce di roverelle (Quercus pubescens) e pini marittimi (Pinus pinaster).

Dopo aver attraversato le case della località S. Lorenzino, vale la pena di salire all'antica chiesetta, soprattutto in primavera, quando la fioritura della ginestra (Spartium junceum) abbellisce l'altura, sulla quale si trovano altri ruderi ed i resti di un castrum medioevale. Lungo il sentierino, tutto curve, si alternano pavimenti rocciosi sui quali sono presenti specie aromatiche come il timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureja officinalis), rupicole come la Petrorhagia saxifraga (dai graziosi fiorellini rosa) e la stessa Campanula isophylla, tratti erbosi dominati dalle graminacee, ed arbusti della macchia mediterranea: tra questi spicca il cisto tomentoso (Cistus albidus), dai grandi fiori rosa a cinque petali e bottone giallo. Dalla chiesa, incorniciata dai cipressi, si gode di un magnifico panorama sulle pareti di roccia del Monte Cucco e sulla valle sottostante, che in inverno permette di apprezzare chiaramente la distribuzione delle caducifoglie (nel fondovalle) e della vegetazione sempreverde (sui versanti).

Tornando nuovamente alle case, si risale per un tratto la strada asfaltata e si devia seguendo il segnavia (un triangolo e due barre verticali) attraversando altre case, fino alla località Chiesa; qui si trova una fontana ed alcune panchine, nel caso si voglia sostare per riprendere fiato.

Per scendere nella val Nava, si prosegue verso il cimitero di Orco, lasciando l'asfalto dopo pochi metri. Qui il substrato è completamente diverso, trattandosi di quarzite; sul suolo acido che ne deriva prosperano i pini marittimi e l'erica arborea, oltre al cisto a foglie di salvia (Cistus salvifolius), che in questi casi sostituisce il già citato cisto tomentoso, nuovamente presente più avanti. Il sentiero si distacca dalla strada sterrata principale e si inoltra nella boscaglia, riunendosi ad essa poco più a valle, quando ormai è diventata un largo sentiero. In questo punto è possibile fare una deviazione sopra le rocche a destra: la roccia è nuovamente calcarea, ed infatti sono osservabili altre forme carsiche, di dimensione minore rispetto alle docce di erosione, come i fori passanti e le vaschette di corrosione. Sulle rocce non è raro trovare tracce di rapaci che, dopo essersi cibati, rigurgitano le parti meno digeribili del loro pasto sotto forma di masse, simili ad escrementi, dette "borre", nelle quali si possono trovare, a seconda della specie che le ha prodotte, frammenti di ossa, ossa intere, penne e piume, peli, esoscheletri di insetti.

Il sentiero costeggia degli oliveti, poi cammina su terre rosse attraversando una boscaglia aperta con erbe abbondanti, dove si possono osservare diverse farfalle, tra le quali in estate la vistosa Euplagia quadripunctaria. E' questa una falena diurna, dalla livrea vivace rossa, gialla e nera, diffusa e comune in Liguria e sulle coste mediterranee; frequenta macchie e boschi radi, prati alberati e zone ecotonali in generale.

La boscaglia si fa a tratti più fitta e si mescola alla macchia mediterranea, mentre sui rocciosi ed aridi versanti delle rocche si trovano specie della gariga: deviando dal sentiero di fondovalle per salire alla Grotta dei Balconi e all'Arma Strapatente, si attraversa questo tipo di ambiente. Dall'Arma Strapatente, una grotta molto particolare perché attraversa da parte a parte una collina, si ridiscende a valle attraversando invece la lecceta: si incontrano così i due estremi dell'evoluzione della vegetazione mediterranea, l'estrema involuzione (la gariga) e l'estrema evoluzione (la lecceta).

Nuovamente in val Nava, il sentiero avanza su un fondo parzialmente ciottolato ed affiancato da muretti a secco, nella macchia mediterranea, che si fa sempre più fitta, fino ad arrivare presso una parete frequentata dai rocciatori, entro un fitto bosco. Qui gli alberi sono molto alti e la luce fa fatica a penetrare: grossi massi costellano il bosco e contribuiscono a creare giochi di luce suggestivi. Sono presenti diversi rami e tronchi caduti, che costituiscono un'importante risorsa per gli insetti xilofagi ("mangiatori di legno"), tra i quali possiamo annoverare il cerambice della quercia (Cerambyx cerdo). Poco più avanti il sentiero passa a fianco di una dolina, mentre dall'altra parte, a destra, si alza una parete di roccia calcarea intensamente corrosa dall'acqua: la quantità di fessure è impressionante, ed abbondanti sono le piante "casmofite" ("che vivono nelle fessure") che ne approfittano. Questo tipo di habitat è molto variabile, ma in generale sono presenti piante caratteristiche dell'area in cui si trova: qui infatti non manca la campanula a foglie uguali; è presente in abbondanza anche un'elegante piantina dalle sottili foglioline di un verde tenue, la Moehringia muscosa.

Ci si immette quindi su un breve tratto di sterrata, sempre nel bosco, e si sbuca infine presso una curva della strada comunale che dalla val Sciusa porta ad Orco, attraverso il nucleo di Boragni, poco distante, che vale la pena di visitare. Una volta giunti a Boragni, si può percorrere la strada comunale fino alla valle Sciusa e, dopo un tratto sulla strada per Finale Ligure, tornare a Ponte Cornei.

foto itinerario

icona difficolta Difficoltà
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icona segnavia Segnavia
Ponte Cornei - S. Lorenzino: una linea orizzontale e due cerchi rossi pieni; S. Lorenzino - Val Nava: un triangolo e due linee verticali rosse; bassa Val Nava - Strapatente: nessuno; Strapatente - Boragni: un cerchio rosso pieno.

icona dislivello Dislivello
in salita: -
in discesa: -

icona tempo Tempo di Percorrenza
circa 3 ore

icona cartina Carta

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1. La Val Ponci